A cura dell'Avv. Alessandro Nigro (vai al nostro sito web)
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martedì 15 novembre 2011

Cassazione Civile: responsabilità del notaio per mancata visura registri immobiliari

La Cassazione, ribadendo l'orientamento consolidato, ha elaborato il seguente principio di diritto in merito alla responsabilità del notaio per mancata effettuazione della visura dei registri immobiliari nell'ambito di una operazione di compravendita immobiliare:

"In relazione alla inosservanza dell'obbligo di espletare la visura dei registri immobiliari in occasione di una compravendita immobiliare, il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall'articolo 2236 Codice Civile con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (nella specie per l'arretrato in cui versavano le Conservatorie all'epoca della stipula e per la necessità di esaminare le annotazioni provvisorie di cui ai cd. mod. 60), in quanto tale inosservanza non è riconducibile ad un'ipotesi di imperizia, cui si applica quella limitazione, ma a negligenza o imprudenza, cioè alla violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi del secondo comma dell'art. 1176 cod. civ., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve".
(Corte di Cassazione , Sentenza 27 ottobre 2011, n.22398)

martedì 4 ottobre 2011

Circoscrizioni giudiziarie/Alpa: “Salvaguardare la giustizia di prossimità”.

Solo con la verifica attenta di tutti dati a disposizione si potranno valutare le scelte che il governo attuerà in tema di circoscrizioni giudiziarie. Questo spirito sta animando il lavoro del gruppo di lavoro istituito presso il Cnf, coordinato da Enrico Merli, che sta riordinando i dati pervenuti dai consigli dell’Ordine sub-provinciali. E non solo. Per avere il quadro più completo possibile e disporre di tutte le informazione, il presidente Alpa ha scritto al ministro della giustizia e al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, per ottenere i dati relativi all’organico del personale amministrativo dei Tribunali e delle Procure e relative presenze effettive; gli ultimi due rendiconti delle Commissioni manutenzione, che riportino i costi della struttura giudiziaria (canone, lavori, etc.), dei consumi energetici, delle utenze e di quant’altro sia stato annoverato come “spesa”; il numero delle cause civili pendenti, di quelle sopravvenute e di quelle esaurite (ultimo dato disponibile); il numero dei procedimenti penali avanti GIP, GUP, Giudice monocratico e Collegio (ultimo dato disponibile).
FONTE CNF

mercoledì 30 marzo 2011

STUDENTESSA MORSA DA UN CANE NEL CORTILE ANTISTANTE L'EDIFICIO SCOLASTISCO: LA SCUOLA NE RISPONDE

Cassazione Civile, Sezione Terza, Sentenza n. 3680 del 15/02/2011

FATTO E DIRITTO

1. [OMISSIS] (studentessa prossima alla maggiore età), addentata alla mano da un cane incustodito e senza museruola nel cortile antistante l’edificio scolastico, mentre si accingeva a uscire da questo al termine delle lezioni, vedeva rigettata dal Tribunale la domanda, di risarcimento del danno per le lesioni subite, avanzata nei confronti del Ministero della pubblica istruzione.L’appello proposta dalla stessa veniva rigettato con sentenza del 5 settembre 2005.

2. Avverso la suddetta sentenza la M. ha proposto ricorso per cassazione, con un unico motivo, e depositato memoria.Il Ministero, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensive.

3. La decisione impugnata ha rigettato l’appello sulla base delle seguenti argomentazioni:a) l’azione proposta in primo grado, come qualificata dal giudice adito e non specificamente impugnata sul punto, con conseguente passaggio in giudicato, è di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.;b) correttamente il Tribunale ha rigettato la domanda ex art. 2043 c.c., non potendosi configurare a carico della P.A. l’obbligo di impedire, attraverso appositi accorgimenti, compresa la destinazione di personale addetto alla sorveglianza all’ingresso, il verificarsi di simili eventi; né potendosi ritenere che la sorveglianza all’ingresso risponda a principi di prudenza e diligenza o che vi sia colpa (o dolo) della P.A. nella mancata predisposizione di accorgimenti idonei a evitare l’accesso di cani. Restando, perciò esclusa la possibilità di riferire l’evento alla responsabilità alla P.A.;c) l’appellante ha dedotto la violazione dell’obbligo contrattuale di garantire la sicurezza dei minori affidati alla scuola, ma la domanda non può esaminarsi perché nuova, essendo diversa da quella di risarcimento dei danni per responsabilità extracontrattuale, correttamente rigettata dal primo giudice.

3.1. La ricorrente, con unico motivo, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2048 c.c., in una con insufficiente e contraddittoria motivazione. Chiede che la sentenza sia cassata in applicazione del principio di diritto per cui, stante la portata generale dell’obbligo dell’amministrazione scolastica di garantire la sicurezza degli alunni, così che la sorveglianza e la custodia degli spazi frequentati dagli allievi deve intendersi finalizzata alla prevenzione di qualsivoglia rischio prevedibile, compresa l’introduzione di animali privi di custodia, chi agisce per il risarcimento deve dimostrare l’evento dannoso e il suo verificarsi nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante, restando indifferente che invochi la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanza di tempo e di luogo, affinché sia salvaguardata l’incolumità dei discenti minori.

4. Il ricorso è fondato.

4.1. Da quasi un decennio è principio consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, che il titolo della responsabilità del Ministero della pubblica istruzione, nel caso di alunni che subiscano danni durante il tempo in cui dovrebbero esser sorvegliati dal personale della scuola, può essere duplice e può esser fatto valere contemporaneamente. Il titolo è contrattuale se la domanda è fondata sull’inadempimento all’obbligo specificatamente assunto dall’autore del danno di vigilare, ovvero di tenere una determinata condotta o di non tenerla; extracontrattuale se la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri. Quindi, lo stesso comportamento può essere fonte per il suo autore sia di una responsabilità da inadempimento, sia di una responsabilità da fatto illecito, quando l’autore della condotta anziché astenersene la tenga, ovvero manchi di tenere la condotta dovuta e le conseguenze sono risentite in un bene protetto, non solo dal dovere generale di non fare danno ad altri, ma dal diritto di credito, che corrisponde ad una obbligazione specificamente assunta dalla controparte verso di lui. Quando una tale situazione si verifica, il danneggiato può scegliere, sia di far valere una sola tra le due responsabilità, sia di farle valere ambedue (in particolare da Cass. n. 16947 del 2003 sino a tempi molto recenti).Pure pacifico da tempo è che l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissio
ne dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni (anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso). Nonché, che è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ.; sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante (da s.u. n. 9346 del 2002 sino al 2010).

4.2. La sentenza impugnata contrasta, evidentemente, con questi principi. Oltre a ignorare il duplice titolo di responsabilità e la facoltà di scelta in capo al danneggiato, non ha valutato la portata degli obblighi contrattuali derivanti all’amministrazione scolastica dall’iscrizione dell’alunno.
Con l’iscrizione, gli alunni sono affidati all’amministrazione scolastica, che esplica il proprio servizio attraverso il personale – docente e non – e mediante la messa a disposizione di locali, laboratori ecc. Dall’iscrizione deriva a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni. Quindi, anche l’obbligo di vigilare, predisponendo gli accorgimenti necessari a seconda della conformazione dei luoghi, affinché nei locali scolastici non si introducano terzi (persone o animali) che possano arrecare danni agli alunni. Ne deriva che, nelle controversie per il risarcimento del danno da lesioni provocate dall’aggressione di un cane incustodito, nei locali e pertinenze (come nel caso di specie il cortile antistante l’edificio scolastico) messi a disposizione dalla scuola, l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre l’amministrazione ha l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile, essendo stati predisposti gli accorgimenti idonei ad impedire l’accesso a terzi.

5. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata. Il giudice di rinvio rinnoverà l’esame dell’appello applicando il suddetto principio di diritto e liquiderà le spese processuali anche del giudizio di cassazione.
                                                                              P.Q.M.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

 Depositata in cancelleria il 15 febbraio 2011

sabato 26 marzo 2011

CONCILIAZIONE. IN CASO DI OMESSA INFORMATIVA IL MANDATO AD CAUSAM È ANNULLABILE SU ECCEZIONE DI PARTE?

Tribunale di Varese, sez. I, ord. 1° marzo 2011
Vigente l'attuale art. 4, comma III, d.lgs. 28/2010 deve ritenersi che trovi applicazione l'art. 1441, comma I, c.c. e, dunque, la annullabilità possa essere fatta valere solo dall'assistito che non ha ricevuto l'informativa. Una interpretazione di diverso segno - la quale consentisse anche alla controparte di demolire il contratto di patrocinio del partner litigante - difficilmente sfuggirebbe alle maglie della incostituzionalità.
 
(Giudice Buffone)

Fatto e diritto

Vanno affrontate diverse questioni portate allo scrutinio di questo giudice.

Parte convenuta costituendosi in giudizio in data 25 febbraio 2011 (e, dunque, venti giorni prima dell'udienza ex art. 183 c.p.c. fissata dall'attore) ha chiesto potersi autorizzare la chiamata in causa del proprio garante e del terzo cui ritenuta comune la causa, anche per l'eventuale domanda di manleva. Ha, però, pure eccepito la nullità dell'atto di citazione per mancata indicazione dei codici fiscali da parte della difesa legale degli attori e, ancora, l'annullabilità del contratto di patrocinio di questi ultimi non essendo stata depositata l'informativa di cui al d.lgs. 28/2010.

E' chiaro che l'odierna pronuncia impone di prendere in esame le due ultime eccezioni in via preliminare, altrimenti sarebbe antieconomica la chiamata del terzo per il caso in cui questa venga ritenuta meritevole di accoglimento.

Chiamata del terzo

L'autorevole indirizzo delle Sezioni Unite (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, sentenza 23 febbraio 2010 n. 4309) ha chiarito, a scanso di equivoci, che in tema di chiamata di un terzo nel processo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario, è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo, chiesta tempestivamente dal convenuto ai sensi dell'art. 269 cod. proc. Civ. Il giudice cui sia tempestivamente chiesta dal convenuto la chiamata in causa, in manleva o in regresso, del terzo, può quindi rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo, motivando la trattazione separata delle cause per ragioni di economia processuale e per motivi di ragionevole durata del processo intrinseci ad ogni sua scelta. Orbene, nel caso di specie emerge effettivamente l'esigenza di trattare unitariamente le cause sussistendo una connessione particolarmente forte e tenuto anche conto del fatto che una terza chiamata è in garanzia e l'altra per rapporto di subappalto.

La chiamata va, dunque, autorizzata: da qui, però, l'esigenza di superare le questioni preliminari, seppur con scrutinio allo stato funzionale solo al principio di economicità del processo e, dunque, salvo diffuso e compiuto esame, nella sede di merito.

Nullità per omessa indicazione del Codice fiscale

L'atto di citazione è stato notificato sotto la vigenza del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, che ha modificato l'impianto del codice di rito, per quanto qui interessa, negli artt. 125, 163, 167 c.p.c., introducendo nelle disposizioni processuali richiamate l'obbligo di inserimento del codice fiscale: per l'attore (art. 163, comma III, n. 2 c.p.c.), per il convenuto (art. 167, comma I, c.p.c.) e per il difensore (art. 125, comma I, c.p.c.). La giurisprudenza di questo Tribunale (Trib. Varese, ord. 16 aprile 2010 in www.ilcaso.it; www.tribunale.varese.it/GiurisprudenzaVaresina) è nel senso che l'omessa indicazione del codice fiscale non determina nullità della citazione e, sul punto, allo stato non sembra registrarsi polifonia interpretativa, guardando ai giudici di merito che hanno rassegnato medesime conclusioni (v. Tribunale di Lamezia Terme, ordinanza 26 ottobre 2010, est. Ianni; Trib. Mantova, 16 novembre 2010, est. Berardi). Si richiama, dunque, l'orientamento di questo Ufficio

L'omessa indicazione del codice fiscale non può tradursi in una ipotesi di nullità. In primo luogo, non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge (art. 156, comma I, c.p.c.); in secondo luogo, il raggiungimento dello scopo, comunque preclude l'insorgere della patologia invalidante (art. 156, comma III, c.p.c.). E' vero che l'art. 164, comma I, c.p.c. afferma essere la citazione nulla se omesso o assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell'art. 163 c.p.c. (e proprio nel n. 2 si innesta la modifica legislativa con introduzione dell'obbligo di indicazione del codice fiscale): ma tale inciso va ricondotto alla identificazione “della persona della parte”, secondo una interpretazione che sia coerente con il sistema ed impedisca mere nullità formali non giustificate dalla violazione del diritto di difesa altrui. Ed, allora, sulla scorta di una giurisprudenza ben consolidata, la nullità della citazione, ai sensi dell'art. 163 n. 2, può essere pronunciata soltanto se e quando l'omissione determini una incertezza assoluta in ordine alla individuazione della parte, altrimenti l'omissione costituisce una violazione meramente formale che si traduce in una irregolarità non invalidante l'atto giudiziale. Vi è, poi, che la grave sanzione della nullità, per l'omessa indicazione del codice fiscale, costituirebbe anche un'aporia nella teoria generale delle nullità processuali. Il codice fiscale, infatti, ha la precipua funzione di identificare in modo univoco a fini fiscali le persone residenti sul territorio italiano (iscrivendo, dunque, il contribuente nel registro dell'anagrafe tributaria, v. decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 e d.P.R. 2 novembre 1976, n. 784). Esso, pertanto, non afferisce ai rapporti tra le parti o tra il giudice e le parti ma alla relazione tra queste ultime e l'amministrazione finanziaria, cosicché la violazione di una norma che disciplina un rapporto estraneo al processo non può riverberare i suoi effetti sul procedimento. In effetti, volendo fornire una interpreazione coerente e sistematica, deve ritenersi che l'art. 4 d.l. 193/09 (come convertito), introducendo l'obbligo di indicazione del codice fiscale in seno agli atti di cui agli artt. 125, 163, 167 abbia di fatto provocato una estensione dell'ambito applicativo dell'art. 6 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (che indica gli “atti nei quali deve essere indicato il numero di codice fiscale”). Ed, allora, l'omessa indicazione del codice fiscale non è sanzionata con la nullità processuale, ma con le sanzioni speciali previste dalla legislazione vigente (es. art. 13 d.P.R. 605/73, come prima modificato dall'art. 1, D.P.R. 23 dicembre 1977, n. 955, poi dall'art. 20, L. 30 dicembre 1991, n. 413 ed infine come sostituito dall'art. 20, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473). Non può, peraltro, essere sottaciuto che, invero, secondo la giurisprudenza tributaria, le irregolarità meramente formali, che non comportano evasione di imposta, quale l'omessa indicazione del codice fiscale, non sono più sanzionabili ex art. 10, comma 3 legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto del contribuente: v., ad es. Commiss. Trib. Centr., Sez. IX, 13 agosto 2001, n. 5983): sarebbe, allora, eccentrico sanzionare in seno al diritto processuale civile, con la nullità, una condotta che in seno al suo alveo naturale, quello tributario, non trova più - in linea di principio - alcuna sanzione.

Per i motivi sin qui esposti, in caso di omessa indicazione del codice fiscale, delle parti, di chi li rappresenta o assiste oppure dei difensori, il giudice non deve pronunciare la nullità dell'atto ma deve sollecitare una condotta che vada a rimuovere l'irregolarità registrata.

Annullabilità del contratto di patrocinio Attori - Difensore

In via preliminare, parte convenuta ha chiesto dichiararsi l'annullabilità del conferimento d'incarico da parte degli attori ai loro difensori, per la violazione dell'art. 4, comma III, del d.lgs. 28/2010, non essendo stata allegata all'atto introduttivo del giudizio, l'informativa specifica sottoscritta dai clienti.

Reputa questo giudice che la questione, come eccepita dalla parte convenuta, non sia idonea, allo stato, a provocare alcun provvedimento anticipatorio o organizzativo da parte del magistrato, vuoi ex art. 183, comma I, c.p.c. oppure ex art. 182 c.p.c. oppure ancora ex art. 187 c.pc. Trattasi, cioè, di questione da rimettere all'alveo decisorio conclusivo del giudizio.

Questi i motivi dell'attuale decisione.

Il decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 introduce nuovi obblighi in capo ai difensori legali. Per quanto qui interessa, ai sensi dell'art. 4, comma III, si prevede che, all'atto del conferimento dell'incarico, l'avvocato sia tenuto a informare chiaramente e in forma scritta l'assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal d.lgs. 28/10 e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20 (oltre ai casi della mediazione cd. obbligatoria). Il documento che contiene l'informazione é sottoscritto dall'assistito e deve essere allegato all'atto introduttivo dell'eventuale giudizio.

Il saggio di legificazione in esame, conclude prevedendo che “in caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l'avvocato e l'assistito e' annullabile”. Da qui l'eccezione dell'avvocato che assiste la parte convenuta.

Ebbene, una lettura del dato normativo consente di ritenere, per come già osservato, l'eccezione non idonea a provocare, allo stato, una anticipazione di giudizio o altro provvedimento (ad es., di sanatoria di eventuali vizi). Innanzitutto, l'obbligo di informazione (cui si associa un onere di allegazione nell'eventuale giudizio) provoca una specifica reazione dell'Ufficio giudiziario, ma nel senso “salvifico” del rapporto: il giudice che verifica la mancata allegazione del documento informativo, se non provvede ai sensi dell'articolo 5, comma I, infatti, “informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione”.

In secondo luogo, l'esegesi del testo, conferma che l'approdo alla “annullabilità” sia nel senso di recepire integralmente la categoria codicistica, con il regime giuridico che ad essa si collega; anche, quindi, in punto di legittimazione ex art. 1441, comma I, c.c. La versione originaria dell'art. 4 prevedeva, infatti, che la violazione dell'obbligo di informazione determinasse la nullità del contratto di patrocinio. Siffatta disposizione era stata fortemente censurata dalla Dottrina, proprio sul rilievo che introducesse, nell'ordinamento, una previsione in distonia rispetto alla teoria generale delle Patologie negoziali.

Vigente l'attuale art. 4, comma III, d.lgs. 28/2010 deve ritenersi che trovi applicazione l'art. 1441, comma I, c.c. e, dunque, la annullabilità possa essere fatta valere solo dall'assistito che non ha ricevuto l'informativa. Una interpretazione di diverso segno - la quale consentisse anche alla controparte di demolire il contratto di patrocinio del partner litigante - difficilmente sfuggirebbe alle maglie della incostituzionalità.

Per i motivi sin qui esposti, allo stato va autorizzata la chiamata in causa dei terzi, salvo migliore esame delle altre questioni all'esito della prima udienza di comparizione delle parti, non ignorato il fatto che, su entrambe, è in corso un movimento tellurico idoneo a condurre a nuovo esame.



P.Q.M.



Visti gli artt. 175 c.p.c., 4 l. 24/2010

Invita i difensori che non lo abbiano ancora fatto ad indicare il codice fiscale richiesto dagli artt. 125, 163, 167 c.p.c., negli atti ivi indicati, riservandosi ogni provvedimento ritenuto necessario o opportuno in caso di inottemperanza.

Letti ed applicati gli artt. 101 269 c.p.c.

Autorizza la chiamata in causa dei terzi, a cura della parte convenuta, la quale dovrà evocarli in giudizio entro il 30 aprile 2011 (data entro cui le chiamate devono essere spedite), notificando alle stesse gli atti introduttivi del processo e l'odierno provvedimento.

Fissa l'udienza di prima comparizione di tutte le parti in data 30 settembre 2011, ore 12.00.

Letti ed applicati gli artt. 134, 176 c.p.c.

Dispone che la cancelleria comunichi l'odierna ordinanza alle parti.

mercoledì 23 marzo 2011

MEDIACONCILIAZIONE:Secondo l'Oua, avvocatura unita e compatta contro l'obbligatorietà

L'avvocatura italiana «è unita e compatta contro la mediaconciliazione obbligatoria: lo dicono i numeri e le adesioni alle astensioni di questi giorni». Maurizio de Tilla, presidente dell'Oua, «corregge» il ministro della Giustizia, Angelino Alfano: «continua ad essere arrogante nei
confronti degli avvocati - attacca - E a dire cose inesatte: non è vero che parte dell'avvocatura è con lui. Anche il Consiglio nazionale forense è contro» ritenendo la disciplina sulla media-conciliazione, in quanto obbligatoria, «incostituzionale» visto che «il sistema, così come concepito, non assicura un'adeguata soluzione delle controversie». Non solo: «la richiesta di slittamento avanzata a suo tempo al ministro era finalizzata alla modifica della conciliazione e non per accettare il nuovo sistema dopo un anno così come è formulato». De Tilla dà notizia della pronta calendarizzazione al Senato di due ddl per la modifica della mediaconciliazione (Benedetti
Valentini e Della Monica) che «testimoniano l'impegno bipartisan dei partiti di maggioranza e opposizione a favore delle nostre osservazioni e che raccolgono le proposte emerse dalle proteste di questi giorni. La realtà - conclude - è che il ministro vuole ignorare che l'impianto della mediaconciliazione è, nel suo complesso, incostituzionale». (Fonte Guida al Diritto)

lunedì 21 marzo 2011

IL 90% DELL'AVVOCATURA SI ASTIENE DALLE UDIENZE PER PROTESTARE CONTRO LA MEDIACONCLIAZIONE

Da Mercoledì si sono fermati i tribunali italiani, e a Roma, al Capranica, abbiamo assistito a una manifestazione epocale: oltre duemila partecipanti in rappresentanza degli oltre duecentomila avvocati che oggi hanno incrociato le braccia in tutto il Paese per protestare contro la rottamazione della giustizia civile e la media-conciliazione obbligatoria. Dai nostri dati la partecipazione all’astensione è del 90%. E si prosegue fino al 22. Maurizio  De Tilla, presidente Oua, traccia un bilancio della ed esprime un giudizio positivo sull’incontro, avuto dopo la manifestazione, con la delegazione del Pd, guidata dal responsabile della Giustizia Andrea Orlando. Conferma i prossimi appuntamenti: il 28 marzo con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il 7 aprile con il ministro degli Interni,  Roberto Maroni e poi in giornate ancora stabilire con il presidente dell’Udc, Pier Ferdinando Casini e con il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro. L’astensione continua fino al 22 marzo: “Gli avvocati – sottolinea de Tilla - la stragrande maggioranza degli ordini e delle associazioni forensi stanno dando prova di una grande unità in questa battaglia in difesa dei diritti dei cittadini. Lo dimostrano le adesioni all’astensione: oltre il 90% dei legali stanno incrociando le braccia. Ma anche il sostegno ricevuto dalla stessa magistratura, con in testa l’Anm, nonché dalle forze politiche, ed infatti la prossima settimana sarà calendarizzato al Senato un ddl bipartisan che modificherà questo sistema di mediazione finalizzato alla conciliazione.   Di fronte a un così ampio e trasversale fronte di opposizione ha concluso - vogliamo anche rivolgerci con garbo ed amicizia al Consiglio Nazionale Forense che, pur condividendo in toto le critiche, ha parlato della necessità di dover “rispettare la conciliazione”. Ci chiediamo come si può accettare un sistema che è innanzitutto incostituzionale sotto molteplici aspetti, che è contro i diritti dei cittadini, che è escludente nei confronti degli stessi avvocati, che è viziato da una logica strettamente economicista nonché dettato da precisi settori dell’impresa di questo Paese (Confindustria, banche, assicurazioni…). In sintesi come possiamo essere corresponsabili di un processo di svendita della giurisdizione e di privatizzazione della giustizia 
civile, nonché di un attacco così duro alla professione di avvocato”
(Fonte: Luigi Berliri, Mondoprofessionisti)

lunedì 14 marzo 2011

MANDATO SCADUTO DEL GDP: NULLITA' ASSOLUTO DELL'INTERO PROCESSO

PROCEDIMENTO CIVILE – GIUDICE DI PACE - MANDATO SCADUTO - ESERCIZIO DELLE FUNZIONI NELLE MORE DELLA CONFERMA - NULLITA' INSANABILE - ESTENSIONE ALLA SENTENZA

Il giudice di pace che esercita le funzioni giurisdizionali dopo la scadenza del mandato e nelle more della riconferma ma prima della nuova immissione in possesso per l’espletamento del successivo incarico, pone in essere un’attività giurisdizionale in carenza di “potestas judicandi” che produce la nullità assoluta del procedimento e si estende alla sentenza conseguente.

Sentenza n. 4410 del 23 febbraio 2011

(Sezione Seconda Civile, Presidente R. M. Triola, Relatore A. Carrato)
Fonte: http://sentenze.blogspot.com/2011/03/procedimento-civile-giudice-di-pace.html

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